Nonostante lo shaker sia uno dei prodotti più conosciuti associati ad un barman, sono tante le persone che, quotidianamente, utilizzano questo strumento senza sapere esattamente come funzioni.
Lo shaker è l’attrezzo che si potrebbe meglio accomunare ad un barman proprio perché in qualsiasi locale si decida di entrare si troverà sempre un barman con uno shaker in mano. Esistono diversi tipi di shaker ma le tipologie più conosciute sono tre. Il boston, il parisienne ed il cobbler.
SHAKER – LE PRINCIPALI DIFFERENZE
Per essere più precisi è giusto dire che grazie ad ogni tipologia possiamo ottenere risultati differenti. A cambiare, oltre alla forma è anche lo spazio che il drink ha a disposizione per muoversi dentro allo strumento andando così ad ossigenarsi. Ossigenandosi il drink riesce ad inglobare l’aria all’interno dello shaker cambiando la sua texture e risultando ad esempio più cremoso a palato.
BOSTON
Lo shaker boston è composto da due parti spesso in acciaio, una più grande chiamata tin e una più piccola chiamata half tin. Alcune volte anziché l’half tin il boston può essere composto da un mixing tin in vetro. Dato il maggiore spazio di ossigenazione che permette di avere questo shaker è ottimo per tutti i drink che contengono dei succhi di frutta.
PARISIENNE
Lo shaker parisienne, come il boston, è composto da due parti in acciaio, a variare è la forma che si presenta più elegante. Rispetto alla prima tipologia lo spazio che il drink utilizza per l’ossigenazione è leggermente inferiore e per questo si adatta meglio a shakerare dei prodotti come la panna con lo scopo di migliorarne l’emulsione.
COBBLER
Lo shaker cobbler oltre ad essere conosciuto anche con il nome di shaker continentale è il meno recente tra i tre tipi di shaker. È composto da tre parti in acciaio, il tin che contiene tutti gli ingredienti, un primo tappo forato che funge da filtro e un secondo tappo per chiudere lo strumento durante la shakerata. Il cobbler si adatta meglio alle ricette storiche composte per lo più da ingredienti alcolici.
PERCHÉ SI SHAKERA?
La shakerata ha diversi scopi oltre all’ossigenazione di cui abbiamo appena parlato. Si shakera infatti per diluire, per raffreddare e per miscelare gli ingredienti che compongono il cocktail. Per una shakerata ci è stato insegnato che ci vogliono circa 7 secondi di tempo. Altri invece preferiscono contare le battute. Se anche in questo caso vogliamo essere precisi e sapendo che ogni drink è unico, è bene differenziare le tempistiche del movimento in base al risultato che si vuole ottenere. Starà poi all’esperienza del barman capire come muoversi per poter creare dei drink perfetti. Più sarà la forza impiegata durante la shakerata e meno tempo ci vorrà perché il drink raggiunga la temperatura minima.
DRY SHAKE O SHAKERATA A SECCO
Con dry shake si intende una shakerata che prevede di miscelare gli ingredienti senza l’utilizzo del ghiaccio. Questo procedimento si esegue quando alla miscela si aggiunge un emulsionante come l’albume o l’albumina (albume liofilizzato) o l’acqua faba per la versione vegana. Per alcuni è meglio effettuare prima la shakerata a secco e poi quella normale aggiungendo il ghiaccio. Sarebbe invece più opportuno eseguire la shakerata a secco come secondo movimento in quanto l’albume tende a montare meglio a temperature più alte anche se non si notano troppe differenze tra una scelta e l’altra.
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